Meno
inflazione aiuterà la ripresa
Di
Carlo Pelanda (1-12-2008)
In questo
tipo di crisi economica - caduta della domanda globale combinata con la
definanziarizzazione del sistema del credito – ci sono anche fenomeni che
aiuteranno a ridurne l’impatto e, forse, a farla finire prima di quanto ora si
pensi. Cerchiamo di capire tale lato “positivo”, e non è un ossimoro, della
crisi stessa.
Fino
all’agosto del 2008 eravamo, globalmente, in una tendenza recessiva causata
dallo shock inflazionistico, cioè dal picco dei prezzi dell’energia e loro
contagio del sistema complessivo. Per riequilibrare l’economia le Banche
centrali hanno alzato, dal 2005, il costo del denaro, tipica di manovra di
disinflazione attraverso il raffreddamento della crescita. Ci trovavamo,
pertanto, in una situazione piuttosto grave: l’inflazione continuava a salire,
drenando capitali per i consumi, mentre la crescita scendeva. Se vi ricordate,
infatti, fino a pochi mesi molti analisti temevano la “stagflazione” sia in
America sia in Europa. L’impatto recessivo che oggi stiamo vivendo – caduta dei
consumi e crollo di alcuni settori, per esempio l’auto – è l’onda lunga di
quella causa recessiva. Nel settembre del 2008 c’è stata una rapidissima
inversione. Dalla tendenza inflazionistica siamo passati a quella
deflazionistica. Il mercato interno americano è imploso per l’impatto della
recessione detta combinata con il cedimento del sistema bancario, imploso di
suo per le note vicende dal 2007
in poi. Questa situazione ha minato la fiducia: il mercato
dei capitali si è congelato, il credito ridotto, le aziende hanno tagliato gli
investimenti, i consumatori indebitati hanno avuto il problema di rientrare dal
debito e gli altri non hanno comprato più alcunché nel timore di un domani
peggiore dell’oggi. Come una palla di neve che poi diventa valanga. L’America
ha smesso di importare e le nazioni esportatrici sono andate in veloce e grave
recessione. Ma è anche caduta la domanda globale di petrolio abbattendone il
prezzo. Inoltre la contrazione dell’economia – consumi, investimenti e scambi –
tende a comprimere i prezzi ed ridurre l’inflazione. Ciò permette alla Banche
centrali di ridurre al minimo il costo del denaro ed altri collegati, per
esempio quello dei mutui a tasso variabile che tanto ha messo in tensione le
famiglie italiane nel biennio scorso. Da un lato, ora sta arrivando l’ondata
della crisi amplificata a settembre. Ed è pesante. Dall’altro l’inflazione sta
sparendo rapidamente. Questo secondo aspetto può aiutare molto a reggere gli
effetti del primo. Pensando al caso italiano, la riduzione del costo del denaro
e dei prezzi energetici e dei dintorni dovrebbe portare ad un risparmio medio
tra i 2.000 ed i 3.000 euri per famiglia nel 2009. Non è poco. E potrebbe
essere perfino di più. Come un taglio delle tasse che torna rapidamente
capitale ai consumatori. Intendiamoci, se la crisi in evoluzione comporterà
fallimenti di imprese e licenziamenti, l’effetto benefico della disinflazione
sarà minore perché un numero crescente di persone non avrà comunque soldi né
fiducia. Ma se i governi riusciranno a contenere questo impatto con misure sia
di sostegno straordinario dei settori in crisi sia di detassazione, allora
l’effetto di disinflazione rapida aiuterà ad uscire più velocemente dalla
recessione. Anche questo fattore va valutato e considerato come motivo per
limitare il pessimismo. Se la
Banca centrale europea fosse più veloce e coraggiosa nel
tagliare il costo del denaro il fenomeno qui analizzato sarebbe molto più
evidente e rapido.
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